I miracoli di Gesù

(153)

Guarigione del piccolo Matusalem (o Scialem) (584.5 - 584.6)

(Il racconto seguente è quello di un miracolo, che Gesù interpreta come una parabola)

"Eccola la mia seconda parabola. Sta per venire..." e accenna la porta della casa, velata dalla tenda che si muove lentamente al vento, e che poi si scosta, spostata dalla mano di un servo per dare il passo alla vecchia Noemi che si precipita ai piedi di Gesù dicendo: "Ma il fanciullo è sano! Non è più deforme! Tu lo hai guarito nella notte. Si era svegliato e io preparavo il bagno per lavarlo prima di mettergli la tunica e la veste che avevo cucita nella notte prendendo una veste smessa di Lazzaro. Ma quando gli ho detto: <Vieni, fanciullo> e ho scostate le coperte, ho visto che il suo piccolo corpo, così storto ieri, non era più tale. E ho gridato. Sono accorse Sara e Marcella, che neppure sapevano del fanciullo dormente nel mio letto, e le ho lasciate là per correre a dirti..."La curiosità prende tutti. Domande, ansia di vedere. Gesù placa il brusio con un gesto. Ordina a Noemi: "Torna dal fanciullo. Lavalo, vestilo e conducimelo qui."
E pii si volge ai suoi discepoli: "Ecco la seconda parabola, e può essere detta <La vera giustizia non fa vendetta e distinzioni>.
Un uomo, anzi: l'Uomo, il Figlio dell'uomo, ha nemici e amici. Pochi amici, molti nemici. E nemici dei quali non ignora l'odio, nè i pensieri, e dei quali conosce la volontà, che non fletterà davanti a nessuna azione, per orrenda che sia. In questo più forti dei suoi amici, nei quali lo sgomento o la delusione, o un'eccessiva fiducia fanno da arieti sgretolatori della loro fortezza. Questo Figlio dell'uomo dai molti nemici, e al quale si rimproverano tante cose non vere, incontrò ieri un povero fanciullo, il più desolato dei fanciulli, figlio di uno che gli è nemico. E il fanciullo era deforme e storpio e chiedeva una grazie strana: quella di morire. Tutti chiedono onori e gioie al Figlio dell'uomo, chiedono salute, chiedono vita. Questo povero bambino chiedeva di morire per non soffrire più. Ha già conosciuto tutto il dolore della carne e del cuore perchè colui che lo ha generato, e che mi odio senza ragione, odia pure l'innocente infelice che ha generato. E Io l'ho guarito perchè non soffra più, perchè oltre che la salute fisica possa raggiungere la salute spirituale. Anche la sua piccola anima è malata. L'odio del padre e lo scherno degli uomini gliel'hanno piagata e fatta spoglia d'amore. Solo gli è rimasta la fede nel Cielo e nel Figlio dell'uomo, al quale, anzi: ai quali, chiede di morire. Eccolo. Ora lo sentirete parlare."
Il fanciullo, ravviato e pulito nella vesticciuola di lana bianca che Noemi gli ha cucita svelta nella notte, viene avanti per mano della vecchia nutrice. E' piccolo, per quanto, non essendo più curvo e sciancato, sembri già più alto di ieri. Ha il visetto irregolare e un poco vizzo di creatura che il dolore ha fatto precocemente adulto. Ma non è più deforme. I piedini scalzi calpestano sicuri il suolo, con un passo che non ha più quel claudicare degli sciancati, e le spalle magre sono ben diritte nella loro magrezza. Il collo esile le sovrasta e sembra lungo rispetto a ieri, quando gli sprofondava fra le clavicole asimmetriche.
"Ma... ma questo è il figlio di Anna di Nahum! Che miracolo sciupato! Credi con questo di renderti amico suo padre e Nahum? Più astiosi li farai! Perchè essi si auguravano soltanto la morte di questo fanciullo, frutto di un infelice matrimonio" esclama Giuda di Keriot.
"Non opero miracoli per farmi degli amici, ma per pietà delle creature e per dare onore al Padre mio. Non faccio distinzione e calcolo, mai, quando mi curvo pietoso su una miseria umana. Non mi vendico di chi mi perseguita..."
"Nahum prenderà questo tuo atto per una vendetta."
"Io non sapevo neppure di questo fanciullo. Ne ignoro ancora il nome."
"Matusala, o Matusalem, è detto per spregio."
"La mamma mi chiamava Scialem. Mi amava la mamma. Non era cattiva come tu sei e come sono quelli che mi odiano" dice il bambino con una luce negli occhi, la luce di impotente ira che hanno gli uomini e animali troppo a lungo seviziati.